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Nuova antologia su temi di impegno civile

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Considerazioni conclusive sull’antologia “Nuovi Salmi” e progetto di una nuova antologia su temi di impegno civile

 

 

Sulla scia del notevole riscontro ottenuto dall’antologia di poesie Nuovi Salmi, da me curata assieme a Giacomo Ribaudo (CNTN, Palermo 2012), nella quale sono raccolte voci laiche del mondo della poesia contemporanea, nel coro antico delle preghiere del Salterio, avanzo ora il progetto di una nuova e similare pubblicazione, su temi sociali e civili.

 

 

Ma forse questo flash non basta a dare l’immagine dei Nuovi Salmi né chiarisce cosa sia stata l’avventura poetica, spirituale, teologica, che si è concretizzata nel portare a termine il libro di poesia dedicato, appunto, ai Salmi. Tenterò di chiarirlo più avanti. Urge invece sottolineare la gioia, contagiosa, che è venuta fuori dopo aver portato a buon fine la suddetta opera, divulgata in tutta Italia, anche con la collaborazione di amici poeti e scrittori, i quali mi comunicano che dopo aver aderito a Nuovi Salmi si sentono più liberi, sereni, nonché motivati a voler ripetere altra esperienza attinente ad argomenti connessi ai libri della Sacra Scrittura.

Eppure all’inizio la proposta di varare un’antologia sui Salmi, secondo precise modalità, era apparsa lunatica e controcorrente, come un seminare nell’acqua. Solo dopo vari e insistenti contatti epistolari, informatici e telefonici, sono riuscito a far passare il messaggio che il progetto culturale sui Salmi non era un lavoro poetico blasfemo, un remare contro Dio, la Religione, la Teologia, ma al contrario un lavoro di grande impegno spirituale poetico e teologico, di testimonianza e di ricerca. Oggi tutto questo è chiaro, ma solo dopo aver aperto una breccia, con Nuovi Salmi, nella muraglia della tradizione e aver rimosso dal cuore annosi fantasmi e moralismi che legavano le mani a poeti e scrittori che erano e sono alla ricerca di Dio, che vogliono interrogarlo con la poesia e desiderano abitarlo ed essere abitati da Lui.

È la prima volta, nella storia della letteratura, che 150 poeti e scrittori, parecchi molto noti, di tutta Italia (alcuni stranieri), si accostano ai 150 Salmi quanti sono i testi del Salterio in un unico libro, non solo per leggerli e interpretarli, ma per riviverli secondo il proprio sentimento e la propria dimensione umana, spirituale ed estetica, entrando nel cuore dei Salmi, per rivisitarli, dopo averli, appunto, meditati e metabolizzati secondo una personale visione.

I Salmi, come è noto, sono le più belle preghiere dell’Antico Testamento. Fin dai tempi più remoti non c’è stato pittore, drammaturgo, musicista, poeta, scrittore, regista che non ne abbia derivato metafore o si sia avvalso di richiami in qualche sua opera. In effetti i Salmi sono le preghiere più lette, recitate e cantate in ogni parte del mondo, oltre che oggetto di studi esegetici sempre più approfonditi e aggiornati. Grandi poeti, nel corso degli ultimi secoli e in particolare del secolo scorso, sono approdati a questa meravigliosa isola della Bibbia con bei lavori di traduzione. In Italia abbiamo autorevoli nomi quali David Maria Turoldo, Gianfranco Ravasi, Guido Ceronetti, ma ci sono altri nomi di autori noti e meno noti che si sono cimentati con lavori importanti sui Salmi e anche sulla poesia del sacro. Proprio in questi ultimi trenta anni, non solo in Italia, si sono viste nascere importanti antologie di poesia religiosa, di poesia sulla fede o di poesia di ispirazione cristiana. Ma un’antologia sui Salmi con la portata e con le caratteristiche che ha il libro Nuovi Salmi è la prima volta che si realizza nella storia della letteratura di tutti i tempi.

E posso ben testimoniare che sia stata un’avventura culturale non facile, per difficoltà di diversa natura incontrate strada facendo. Ora che tanti dubbi e ostacoli sono stati superati con la realizzazione dell’opera, penso che i coautori salmisti che hanno contribuito, si sentiranno fieri di aver offerto un lavoro nuovo e originale rivoluzionario e controcorrente nel panorama attuale della poesia e della teologia.

“Giovanni stai attento è molto pericoloso e imprudente quello che vuoi fare”, mi facevano notare diversi preti di mia conoscenza, quando ancora prospettavo il desiderio di realizzare Nuovi Salmi. Ma per fortuna anche i preti, come tutti gli uomini, non sono tutti uguali, come non lo sono le dita della mano. Infatti anni dopo, parlando di questo progetto culturale anche con padre Giacomo Ribaudo, poeta-scrittore, ho trovato in lui la persona che, oltre ad aver sposato l’idea, ne è stato l’editore. Il libro reca l’introduzione e la prefazione di due autori molto noti in campo nazionale, uno del mondo dei chierici e l’altro della letteratura, che ne danno una loro benedizione, per così dire, con i loro testi introduttivi. “Questa apprezzabile antologia è divenuta sinfonia di voci di poeti, poetiche e perciò merita un encomio, anche perché va letta come un eccellente esempio di dialogo tra vangelo e cultura.” (dalla Introduzione di Vincenzo Bertolone, Vescovo di Catanzaro).     

“L’idea di proporre ai poeti d’oggi la riscrittura di tutti i salmi, dopo aver riascoltato la voce di quelli antichi, a uno a uno nella loro molta varietà da identificare e da reinterpretare alla luce della nostra concezione della poetica e della responsabilità attuale del sacro, nel tempo tanto contraddittorio e drammatico, è stata una sfida ardua e grandiosa, sublime e ansiosa; e il risultato che ora possiamo verificare mirabilmente appare una conquista al tempo stesso glorioso in poesia ed esemplare come risposta alla domanda della durata ancora o della compresenza di bellezza e di verità nella tradizione biblica, l’altra fondamentale manifestazione di quei valori in tutta la vicenda religiosa, letteraria, figurativa e musicale dell’Occidente, accanto all’altra lezione che è quella greca e romana del paganesimo” (dalla prefazione del prof. Giorgio Bárberi Squarotti). 

“Il poeta oggi più che mai è uomo libero che viaggia nell’anima attraverso le ali della poesia e con essa interroga l’uomo i suoi sentimenti interroga la vita i suoi misteri. È l’esploratore per antonomasia dei tanti perché che tormentano l’uomo. Oggi più che mai è il poeta che tocca con la parola i meandri più nascosti e misteriosi dell’anima riuscendo qualche volta a tradurre in una ragionevole inquietudine i grandi temi che tra ragione e fede, tra certezze e zavorre logiche agitano il nostro pensare. Il poeta va controcorrente, esce dagli schemi, trascende l’anima e ogni dubbio e le sue percezioni vengono dal dolore, dal grido, dalla sofferenza, il suo canto spesso si avvia alla denuncia, alla protesta, all’introspezione, ai bollori della passione, ma anche all’incanto dell’innocenza e alle meraviglie che iniziano all’alba e che percorrono le luci del giorno fino al tramonto, la sua parola ha la sostanza dell’intuito, il sudore della ricerca, il cuore che contiene la lacrima e ogni viaggio fino alla ruga, alla solitudine e al silenzio. Nei suoi versi alloggia la vera voce dell’umanità, l’intima verginità dell’io più nascosto. La crudele essenza, nella sua spudorata innocenza. Il poeta è figlio del suo tempo di cui è legittimo interprete.” (dalla Nota a Nuovi Salmi).

Ritengo sia opportuno, a questo punto, far riferimento al “Discorso agli artisti” di Papa Benedetto XVI, tenuto in Vaticano il 21 novembre 2009 davanti a più di 300 artisti di ogni categoria e di tutto il mondo, che suona come un augurio e un invito a rivoltarsi le maniche e continuare a lavorare: “Voi siete custodi della bellezza. Voi avete grazie al vostro talento la possibilità di parlare al cuore dell’umanità, di toccare la sensibilità individuale e collettiva di suscitare sogni e speranze di ampliare gli orizzonti della conoscenza e dell’impegno umano. Siate grati perciò dei doni ricevuti e pienamente consapevoli della grande responsabilità di comunicare la bellezza di far comunicare nella bellezza e attraverso la bellezza e non abbiate paura di confrontarvi con la sorgente prima e ultima della bellezza. Non abbiate paura di dialogare coi credenti con chi come voi si sente pellegrino nel mondo e nella storia verso la bellezza infinita. La fede non toglie nulla al vostro genio alla vostra arte anzi li esalta e li nutre li incoraggia a varcare la soglia e a contemplare la feritoia con occhi affascinati, commossi, la meta ultima e definitiva il sole senza tramonto che illumina e fa bello il presente.”

Dopo Nuovi Salmi è venuto il momento di dare ancora la parola a poeti e scrittori, ma stavolta con un lavoro URGENTISSIMO d’impegno civile. Un’operazione culturale per poeti desti e coraggiosi, disposti a un lavoro poetico-filosofico-politico-economico-sociale, che possa intervenire significativamente, con stimolanti proposte, idee, oltre che con consigli utili, efficaci e costruttivi per trovare possibili soluzioni ai problemi che in questi difficili anni di crisi il nostro paese sta vivendo. Un lavoro di poesia che aiuti a riflettere e a prendere coscienza, attraverso il quale sia possibile percorrere vie praticabili per uscire dalla crisi.

Tutti non esitano a confessare di star male economicamente e chi ancora peggio, basta parlarne con chiunque. Nessuno si salva da questa mattanza. Eppure nessuno si è mosso in concreto o ha fatto qualcosa di diverso, fosse anche di sbagliato, da quello che ha sempre fatto. Se guardiamo un po’ in giro: nel condominio, nella propria strada, nelle code agli sportelli, in parrocchia, ci si accorge che la crisi c’è ed ha il volto anche dei nostri parenti e i vestiti dei nostri amici più cari. Se facciamo un giro con l’auto, forse meglio a piedi, per i quartieri della nostra città, e ci allontaniamo un po’ dagli alti palazzi, ci accorgiamo che il terzo mondo possiamo toccarlo con mano. Sempre più spesso si vede gente anziana e non solo rovistare nei cassonetti dell’immondizia. Un lento e continuo, quasi invisibile, retrocedere anno dopo anno, ha portato circostanze economiche e lavorative in crisi, e nessuno sa, politici compresi, il come e il perché ci ritroviamo con le spalle al muro, ad occhi bendati. Ma quel che fa più male non è il mal di testa che si ha ma il non sapere quando finirà e se una cura c’è.

Le notizie fatte veicolare alla radio, alla televisione, nei giornali, sono spesso filtrate, attutite, o i giornalisti stessi, in buona fede, sono allo scuro di quali siano i reali ingranaggi, nazionali ed internazionali. Faremo ancora più male – poeti artisti intellettuali tutti – a noi stessi e ai nostri figli, se restassimo ancora silenziosi, perdendo tempo a delegare altri a trovare soluzioni valide e durature alle situazioni di crisi, invece che rimboccarci le maniche e far qualcosa di utile e di risolutivo, al più presto possibile. Non c’è più tempo per perdere tempo. Non c’è più tempo per guardare il cielo e aspettare: chi o cosa? Dio ci chiederà conto della nostra vita e del nostro tempo e come li abbiamo usati per noi e per gli altri.

Intanto è un dato di fatto: perdendo tempo sprechiamo energie, intelligenza, e forse anche buone maniere e pazienza. Oltre tutto, questo nostro perder tempo sta procurando, a una sparuta percentuale di persone, grosse cifre di guadagno e di occulto potere, mandando e mantenendo il resto della popolazione ai limiti della sopravvivenza. Ci troviamo dentro l’imbuto di una teorizzazione imperialista economica mondiale, congegnata da menti raffinate e ciò già in ERA pre-euro, con conseguenti e talvolta imprudenti sottoscrizioni da parti di Stati sovrani, che hanno ceduto parti vitali della loro sovranità, e quindi consegnando libertà, lavoro e risparmi dei cittadini (particolarmente fasce deboli allo stremo e un plurimassacrato ceto medio), che ne hanno esperimentato e continuano a esperimentarne le tristi conseguenze.

Credo che mai come adesso l’Italia abbia avuto ed abbia bisogno anche dell’anima dei poeti, per dare una sterzata e uscire dal percorso a senso unico in cui ci ritroviamo. Si chiede, dunque, l’intervento dei poeti con un contributo significativo sui problemi della crisi economica che attanaglia, in vario modo, a vasto raggio, il nostro paese. La grande macchina della produzione e del commercio nazionale e internazionale si è rotta e con essa ogni settore lavorativo. Ma pare che, fra i nostri politici, nessuno si consideri responsabile. Preferiscono rimbeccarsi in trasmissioni televisive, continuando intanto a tirare, come si suol dire, acqua al proprio mulino.

Con l’introduzione dell’euro, in pochissimi mesi, si sconquassarono anni e anni di esperienze, di accordi, e si neutralizzarono parametri convenzionali, nazionali e internazionali, che avevano consentito ai ceti medi e alle forze attive della produzione e dell’economia di andare avanti con i loro ritmi che, vuoi o non vuoi, davano garanzia di guadagno e favorivano l’occupazione.

Molte braccia oggi sono inattive, altre stanno per incrociarsi. Date uno sguardo, con i vostri occhi, alla campagna, all’artigianato, all’industria, all’edilizia, alla pesca: ogni settore è in crisi o a riposo forzato. Fate un giro per negozi, centri commerciali, nelle zone industriali di periferia e avrete la sensazione di trovarvi in desolazioni cimiteriali. Ospedali senza garze, siringhe, anestetici, reparti chiusi….Uffici regionali o statali senza carta per stampanti o con computer rotti, l’elenco potrebbe continuare e non mancano, per fortuna, trasmissioni televisive e servizi giornalistici di aperta denuncia.  

È dalla seconda metà degli anni ’90 (e forse un po’ prima) che assistiamo inermi e deboli alla discesa, un gradino per volta, nella scala dell’impoverimento. Tante famiglie di onesti lavoratori sono costrette ad attingere costantemente ai loro risparmi, per non dire di quelle a cui non è rimasto più nulla e vivono come in trincee di sopravvivenza. Molti italiani hanno perso il lavoro, altri stanno per perderlo. Non poche famiglie si rivolgono al sindaco del proprio paese o al parroco per bollette o rate di affitto che non riescono a pagare, molte si rivolgono alla Caritas e al Banco alimentare. Numerosi anziani fanno cena con una tazza di latte. Chi aveva contratto un mutuo per dare un tetto alla propria famiglia, ha perduto, con il lavoro, anche la casa e i soldi che aveva versato. Pare che il lavoro non sia più un diritto tutelato dalla Costituzione. Ai figli che stanno preparando il loro futuro o a quelli che si sono già preparati a costruirlo con sacrifici - studi e specializzazioni -, il lavoro appare come una vergognosa negazione. Rarissime le possibilità occupazionali per i giovani che si avviano al loro primo impiego, perché mancanti di esperienza, ma anche persone mature ed esperte, stroncate da un licenziamento, non trovano lavoro dopo perché non più giovani. Chi ha un lavoro o un impiego o un “lavoricchio” lo vive con la febbre addosso per paura di perderlo da un momento all’altro.

È un dato di fatto: negozi ditte e fabbriche licenziano o chiudono perché un infamante squilibrio ha avvelenato il cuore dell’attività-produzione economica, nazionale o internazionale. Non esiste più un parametro logico e onesto tra vendita e guadagno, tra tasse e spese. Sia che le cose vadano bene sia che vadano male, chi guadagna oggi è solo lo Stato, afflitto da uno spaventoso debito pubblico, che vuole il suo e non guarda in faccia nessuno. A volte si ha l’impressione di sentirsi come in guerra, sotto le bombe e/o con la paura che da un momento all’altro si blocchino stipendi, pensioni, buonuscite o che possano entrare in casa persone con una divisa qualsiasi a requisire anche quel poco che è rimasto. Poche sono le aziende che sopravvivono e resistono alla crisi, alcune delle quali reggono grazie al fatto che dipendenti tutti, dal dirigente al fattorino, hanno deciso di ridursi e di parecchio lo stipendio, pur di salvare l’azienda e non essere licenziati: criterio tipico nella cultura nipponica.

La disoccupazione continua a generare sconforto e povertà e come se non bastasse aumentano le tasse e il costo di medicine e dei viveri di prima necessità. Le statistiche solitamente diffuse per il popolo talvolta sono addomesticate affinché tutto scivoli senza rumore verso l’eutanasia delle classi medio-basse.

Lo stipendio normale dell’operaio o dell’impiegato non riesce a garantire, come prima, il minimo e indispensabile per le necessità della famiglia. La pensione una volta dava un sereno respiro ad anziani dopo una vita di lavoro e di contributi. Oggi su quell’emolumento gravano continue trattenute “alla fonte” (ma calcolate, al lordo, come reale reddito del pensionato), per non dire dei tanti casi di figli sposati che, con i loro figli, si appoggiano alle risorse dei genitori. Se oggi lo stipendio di chi lavora - e occorre specificare: di chi lavora o meglio di chi ha la fortuna di avere ancora un lavoro - non basta per vivere sereni con la propria famiglia, provate a pensare cosa accade nelle famiglie i cui membri siano disoccupati. Aumentano i suicidi di povertà, ma sono veramente tali o sottilmente indotti dalle situazioni che sono venute a crearsi? Imprenditori e commercianti, disoccupati e pensionati, presi da un senso di abbandono, si sentono come falliti, traditi. Qualcuno anziché gridare in piazza decide di farla finita.

Eppure eravamo così fiduciosi, sul finire del secolo scorso, quando ci preparavano ad accogliere nelle nostre case l’arrivo di quell’euro, tanto inneggiato dai nostri politici, che avrebbe dovuto far stare meglio tutti, che ci avrebbe reso più forti e più ricchi, alleandoci con altri stati europei! Ne eravamo convinti, attendevamo speranzosi e sereni l’euro, come un ricco parente che arrivasse da lontano. Nessuno sospettò né ci avvisò dei rischi. Il suo ingresso fu come quel riccio che chiese riparo alla lepre in una notte piovosa e fredda, ma una volta entrato nella tana in breve tempo iniziò a cacciar fuori la lepre e ne capovolse le sorti (da una antica fiaba popolare). Con il passaggio dalla lira all’euro il destino degli italiani si capovolse in una sola notte: l’Italia fu impoverita con un’impressionante spinta inflazionistica in sole poche ore (un euro mille lire anziché quasi il doppio), la moneta forte si rivelò una bluff che in breve tempo avrebbe prosciugato i risparmi degli italiani, impoverendoli non solo nelle tasche ma anche nella speranza e nella possibilità di poter e saper reagire per difendersi. Nessuno ci ha avvisato che l’euro avrebbe sterilizzato il lavoro, che avrebbe stravolto le regole di mercato conosciute (anche per il semplice fatto di essere moneta non emessa da alcuno Stato), che le sorti degli italiani fossero affidate a un GOVERNO INTERNAZIONALE DI BANCHE e non dai nostri politici. E chi mai avrebbe immaginato che stipendi e paghe, nella conversione dalla lira all’euro, sarebbero rimasti invariati all’adeguamento, mentre i prezzi dei beni di consumo sarebbero lievitati e spesso raddoppiati? Con l’avvento dell’euro, inevitabilmente, siamo stati trascinati nel micidiale scacco matto di una partita, obbligati a giocarla, ma che mai nessuno avrebbe voluto giocare se ci avessero fatto conoscere le vere regole.

Mi chiedo, dopo anni di un così inarrestabile declino di tutte le categorie di lavoro e di tutte le classi sociali, perché non siamo stati preparati a conoscere il vero programma dell’euro e a riflettere su cosa avrebbe comportato nelle case di tutti gli italiani. Perché non siamo stati avvisati che con l’euro ci saremmo trovati derubati e impoveriti, cacciati via dalle nostre case, dal nostro posto di lavoro, dai nostri risparmi in banca, cacciati come la lepre dalla tana? È mai possibile che nessuno sapesse o sospettasse che l’euro si sarebbe rivelato un attentato alla dignità dell’uomo? Un atto di guerra contro il lavoro i risparmi e la sopravvivenza di tutti gli Italiani? E se qualcuno sapeva perché non ha parlato?

Ci sarà pure, oggi, qualcosa da fare per fermare questa infernale macchina che ci porta sempre più giù alla nuda caverna prima che si arrivi all’urlo più disperato? E cosa occorrerebbe fare?

Dare ancora altra chance a uomini stregati da strani incantesimi che non hanno mostrato buona e onesta volontà nel saperci rappresentare-amministrare? Fare guerra contro tutti i partiti politici, crearne di nuovi o rinforzarne qualcuno in particolare? O sarebbe meglio chiuderci in monasteri con tutta la famiglia e alzare ogni tipo di muro al mondo?

E se invece fosse la poesia a dare risposte concrete? Cosa manca al poeta per non essere all’altezza di un simile impegno? Chi o cosa può impedire di dare la parola ai poeti per intervenire sui fatti del suo tempo?

Dopo Nuovi Salmi è venuto il momento di dare ancora la parola a poeti e scrittori ma stavolta con un lavoro URGENTISSIMO d’impegno civile.

Un’operazione culturale per poeti desti e coraggiosi disposti a un lavoro di poesia etico-filosofico-politico-economico-sociale che possa intervenire significativamente con stimolanti proposte, idee, consigli utili, efficaci e costruttivi per trovare possibili soluzioni ai problemi che in questi difficili anni di crisi il nostro paese sta vivendo e con molta sofferenza. Un lavoro di poesia che aiuti a riflettere, a prendere coscienza in modo pacifico e democratico sui problemi del nostro paese, per tutelare dal collasso e dal fallimento tantissime famiglie italiane destinate a una caduta sempre più rovinosa verso la povertà.

Penso sia venuto il momento per poeti e scrittori di uscire dai libri e scendere nelle strade e nelle piazze, armati non con bastoni e pietre né ghigliottine bensì “con le armi della poesia”, per sensibilizzare coscienze e chiedere di aver restituita quella dignità, quella tranquillità economica e lavorativa che avevamo fino a poco tempo fa.

Per le modalità di partecipazione all’antologia poetica di impegno civile e per ulteriori informazione: giovannidino@alice.it o cell. 3409378202.

Colgo l’occasione per ringraziare per l’accoglienza di questo scritto gli autori di questo blog e ringraziare anche tutti i blog che hanno creato una sorta di cenacolo con scambi di idee e serene discussioni attorno all’antologia Nuovi Salmi. Ringrazio anche le Riviste che hanno accolto l’iniziativa di Nuovi Salmi, pubblicando notizie, articoli, recensioni, poesie. Ringrazio gli autori che hanno scritto su Nuovi Salmi con recensioni lettere giudizi e un grazie grande anche alle associazioni e ai poeti che si sono adoperati per presentare Nuovi Salmi nelle loro città e divulgare l’opera.

 

Un abbraccio col cuore

 

Giovanni Dino

 

 annalisa macchia - 29/09/2014 13:23:00 [ leggi altri commenti di annalisa macchia » ]

Un progetto coraggioso sta alla base di questa Antologia. La parola poetica non potrà compiere miracoli per la nostra società malata, ma rompe il silenzio, spesso incrina inerzia e indifferenza. Volentieri mi unisco, nella consapevolezza che una sola voce rischia di perdersi, ma unita e in accordo con altre, si rafforza, arriva più lontano.

 Viviana Mattiussi - 25/07/2014 16:18:00 [ leggi altri commenti di Viviana Mattiussi » ]

Sono felice di questo progetto.
Assistere passivi al declino di un popolo e una civiltà sarebbe complicità.
Intellettuali e poeti non fanno leggi, amministrazione o finanza, ma contribuiscono al clima culturale, a scuotere le menti e i cuori. Ciascuno combatta con le proprie (pacifiche) armi. La penna ha una sua funzione e un suo potere. E’ tempo di animare una resistenza strenua alla barbarie, alla disumanità, alla decadenza. Al sopore e smarrimento delle coscienze. Bando alla rassegnazione e sì alla denuncia, al pensiero positivo e propositivo.
La poesia è troppo di nicchia? Portiamola nei teatri, nelle piazze, piccole o grandi. Associamola alla musica, alle altre arti. I giovani scrivono poesia: coinvolgiamoli. Facciamo risuonare la parola viva, essenziale, in antitesi all’enorme commercio di parole mediatichesi, politichesi o burocratesi, di parolai e pennivendoli.
La parola è viva , se crediamo in ciò che scriviamo. Vita semina vita. Coscienza genera coscienza.
Grazie Giovanni!

 Anna Maria Curci - 25/05/2014 13:02:00 [ leggi altri commenti di Anna Maria Curci » ]

Con gioia e impegno accolgo e diffondo questa nuova proposta, con gioia e impegno torno ad affermare bellezza e verità dell’esperienza, nel lavoro, accolto con coscienza, di condivisione e di diffusione. Il mio grazie va - penso di interpretare il pensiero dei compagni di viaggio e di tutti coloro che vorranno aggiungersi lungo la strada - a Giovanni Dino e al suo impulso instancabile, al suo entusiasmo contagioso.

 Domenico Alvino - 23/04/2014 17:23:00 [ leggi altri commenti di Domenico Alvino » ]

Sono assolutamente d’accordo con Dino. Approvo senza riserve tutto ciò che ha scritto in questa lettera. Osservo solo che forse la questione dell’euro potrebbe essere affrontata con una più adeguata gestione di questa moneta. Inoltre, sono dell’avviso che la mobilitazione del mondo letterario, oltre ad esercitarsi sugli aspetti più tecnicamente politici ed economici, dovrebbe riguardare anche il fondamento etico, sul quale si fonda anche il problema generale dei rapporti interpersonali, tra i quali rientra lo stesso problema politico.
Domenico Alvino

 Lorenzo Mullon - 05/04/2014 23:03:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Aggiungo, perché sono arrivato su questa pagina seguendo una traccia lasciata per puro caso dall’amica Anita Menegozzo, e ho lasciato il commento precedente dopo aver letto le parole sconfortanti di Nicola Romano... aggiungo che questa cosa di portare la poesia nelle strade la faccio tutti i santi giorni, da undici anni, vivo benissimo di poesia, sono soddisfatto, non ho niente di cui lamentarmi, ed è per questo che posso tranquillamente affermare che i poeti sono imperatori. Ma evidentemente i poeti oggi sono del tutto inconsapevoli e, a quanto pare, arresi e sconfitti.
Spesso sento parlare su questo sito e altrove di utopia poetica, guardiamo invece a come ci autosabotiamo continuamente

 Lorenzo Mullon - 05/04/2014 19:07:00 [ leggi altri commenti di Lorenzo Mullon » ]

Sento puzza di impotenza... mai esistito un poeta impotente, i poeti sono imperatori ! !

 anita menegozzo - 05/04/2014 19:00:00 [ leggi altri commenti di anita menegozzo » ]

47 Troppe le genti ai branchi

Troppe le genti ai branchi

Le riconosci ai passi curvi e silenti
vestono ampi e pesi mantelli
cercano lidi rassicuranti
dove trovar pretesti per diventare vecchi
prima che antichi e saggi

Troppe le genti ai branchi

Timidi appena i sogni, nati già spenti
nacquero mazzi di piume e raggi
crebbero bocci di cuori aperti
ora altrimenti vanno, lenti con gli occhi bassi
lacci scorsoi stretti

Troppe le genti ai branchi

Vanno avanzando fanghi, fra le correnti
fossero stati liberi stormi
li avrei volati dalle mie mani
mi guardo dal seguirli , li guardo allontanarsi
orme svanite ai venti

Troppe le vite
troppe le menti
troppe le genti ai branchi


anita menegozzo

 Rossella Cerniglia - 03/04/2014 12:03:00 [ leggi altri commenti di Rossella Cerniglia » ]

Non è per polemizzare che mi ripresento in questo angolo di quasi-dibattito che si è venuto a creare, ma solo per chiarire, sia pure sommariamente, il mio punto di vista. Non contesto, a priori, il pensiero e il progetto di Giovanni Dino che mi è caro e che apprezzo, anch’io, come poeta e come persona. Nell’opinione, espressa forse troppo sinteticamente in precedenza - e che a molti sarà apparsa come una presa di posizione disfattista, poco condivisibile e "antipatica" - ho osato affermare che la poesia, da se stessa, senza che il poeta si prefigga alcunché, è testimonianza dei malesseri del vivere, che è sempre un vivere all’interno di una società, di un mondo che,inesorabilmente e addirittura suo malgrado, il poeta assimila, condivide ed esprime. Ben venga, allora, se così si vuole, qualunque iniziativa volta a dar voce a questo scontento, purché il poeta sia portavoce di qualcosa di suo e cioè di nuovo, di non scontato, di non abusato dalle parole che, fin qui, si sono sprecate sino a diventare mera chiacchiera, flatus vocis molesto e inconsistente.
Quanto, poi, al fatto che si debba considerare la poesia come un’"arma", volta a scardinare qualcosa, ecco, questo, mi convince meno. Infatti, quale condizione, per quanto insopportabile, è venuta mai a sconfiggere o a mutare? C’è traccia, nella Storia, del fatto che, sentendo il grido di orrore, o solo di indignazione, di uno o di cento poeti, i governanti di un qualsivoglia stato,siano arretrati dai loro propositi infami? A maggior ragione, nella realtà in cui viviamo - e data la scadente, miserevole considerazione in cui sono tenuti poesia e poeti - non si guarderà ad essi come a piccoli don chisciotte in lotta contro i loro piccoli mulini a vento? E, in ogni caso, avranno i poeti qualcosa di nuovo e di diverso da dire dopo il diluvio di parole che ci ha, definitivamente, sommerso e disgustato, qualcosa che non sia ancora stato detto, centuplicato, triturato, blablablato sino ala nausea? O a muoverli è solo l’illusione, la pia illusione di avere, nella poesia,la panacea di tutti i mali?
Ritengo, per di più, che un tale compito e una tale funzione ( quella, appunto, di voler mutare qualcosa)non siano pertinenti alla poesia. Contro questo genere di guai non servono parole. Forse, solo, una bella, incisiva, insurrezione di popolo contro i Palazzi, come ai tempi della Rivoluzione Francese (senza la ghigliottina, però!).

 francesca luzzio - 01/04/2014 11:11:00 [ leggi altri commenti di francesca luzzio » ]

"Ne uccide più la parola che la spada".Se è vero perché non provare?
La voce dei poeti si unisce alla voce degli altri ed unita ad infiniti granelli di sabbia può diventare immensa spiaggia su cui si infrangerà l’onda tumultuosa del potere. Forza, Giovanni, io ci credo

 Giovanni Dino - 31/03/2014 21:16:00 [ leggi altri commenti di Giovanni Dino » ]


UNA CANNA PIEGATA DAL VENTO UNITA AD ALTRE RESTA RITTA
“Una canna è piegata dal vento ma se è unita a tante altre resta ritta”, mi disse una volta il compianto poeta palermitano Pietro Mirabile, commentando un’opera, in quel tempo appena pubblicata, di Maria Luisa Spaziani. L’antologia d’impegno civile da me promossa non ha alcuna pretesa di risolvere i problemi della crisi attuale, ma vuole dare un segnale non indifferente attraverso liberi contributi creativi da parte di poeti scrittori ed artisti di tutta Italia, che ritengano di aver qualcosa da dire al riguardo. Ovviamente, nessuno può e deve sentirsi obbligato: ogni adesione non può che nascere da profonda condivisione e sempre che quanto si vuol dire sia significativo e riesca a tradursi in poesia, altrimenti sarebbe preferibile astenersene. L’antologia potrebbe servire anche a lasciare una traccia per coloro che verranno, affinché non si dica che, in tempi difficili, i poeti scelsero il silenzio. Sotto questo profilo, dunque, il volume si porrebbe anche come documento-testimonianza
La poesia, beninteso, non è a servizio di nessuno: “La poesia non è ‘mezzo’ di niente, se non di se stessa” dice bene l’amica Rossella Cerniglia, che ammiro e conosco da molti anni, ma non va dimenticato che il poeta più degli altri dispone di un’arma: la poesia, che può usare, sempre che lo ritenga opportuno. Penso che il silenzio, l’omissione l’eremitaggio o il glissare problemi non siano di per sé più utili ed efficaci di una poesia la cui voce si elevi in tono di denuncia. Il silenzio di per sé non fa poesia, la poesia di denuncia non è certo, per ciò stesso, poesia, ma può divenirlo se il poeta riesce a farla divenire tale. Se così non fosse, non avrebbe senso la c.d. poesia civile o sociale, la quale invece assume diritto di cittadinanza sul piano estetico se e in quanto il poeta riesca a farne poesia. Pablo Neruda ha scritto delle splendide poesie d’amore così come le “Odas elementales” in cui si trova, fra l’altro, la magnifica poesia dedicata all’ortaggio più comune e quotidiano che c’è in ogni casa:l’Ode alla cipolla, ma ha anche composto una grande opera di poesia sociale quale è il suo Canto generale del Cile. Non è l’argomento a far poesia, è il poeta che si avvale di un argomento, quale che sia, per farne oggetto della propria poesia. Anche nel campo delle arti figurative, ad esempio, accade la stessa cosa. Del resto, non è certo la prima volta che un poeta si “arma” di penna per esprimere il proprio dissenso o manifestare indignazione nei riguardi di un malgoverno (“facit indignatio versus”). Perché ciò non potrebbe avvenire negli anni, che stiamo attraversando, della grande crisi, non solo economica?
La poesia non ha bisogno di suggerimenti o di regole, obbedisce al cuore perché parla al cuore. Non sono dunque i temi a fare poesia, semmai essi possono essere pretesti, appigli, input, per il suo dinamico svolgimento attraverso il quale il poeta porta visioni energie e luminosità del suo mondo.
Qui non si tratta di scrivere poesia su incarico, perché siamo abituati a scrivere quando è il pathos che mette le parole sul foglio prima di pensarle, o quando è l’estro che ci obbliga a fermare la macchina mentre stiamo alla guida per scrivere quello che ci pulsa nelle vene: ma qui sta la sfida di questa Antologia: chi è poeta sa se e quando attingere dal proprio bagaglio interiore-culturale, anche a costo di un maggiore impegno di studio e fatica. Sono convinto, per mia esperienza di nuotatore, che chi sa nuotare riesce a farlo in piscina come nel fiume, a mare, in un lago o anche dentro una gebbia o in un pozzo, chi non sa nuotare trova mille difficoltà in ogni acqua.
La poesia d’impegno civile è passata di moda, comunque sottovalutata. Oggi viene rifiutata come viene rifiutato Cristo in ambienti malavitosi. Son passati gli anni ’60-‘70 quando nelle piazze della poesia d’impegno civile si faceva il megafono prediletto per chiedere Libertà, Giustizia, Parità di diritti alle donne, anche se in molti, in tantissimi casi gli intellettuali di allora usarono la poesia per farne strumento al servizio di una bandiera anziché ai veri bisogni dell’uomo per la crescita e sviluppo culturale-sociale-economico nonché spirituale.
Fino ad oggi hanno risposto alla email aderendo all’antologia D’IMPEGNO CIVILE Daniele Giancane, Lucio Zinna, Vito Moretti, Domanico Cara, Nicola Romano, Marco Scalabrino, Adele Desideri, Tommaso Romano, Angela Donna, Ciro Vitiello, Ninnj Di Stefano Busà, Antonio Spagnuolo, Marzia Alunni, Ester Monachino, Santino Spartà, Antonio De Marchi Gherini, Gianni Rescigno, Aldino Leoni, Anna Maria Manzi, Flora Restivo, Rosa Elisa Giangoia, Brandisio Andolfi, Maria Cristina Pianta, Luca Tumminello, Franco Campegiani, Maurizio Barracano, Davide Puccini, Germana Duca Ruggeri, Gianfranco Draghi, Nino Agnello, Sandro Angelucci e altri poeti e scrittori che non conosco ma mi fido molto degli amici comuni da cui hanno avuto notizia o che l’hanno appresa attraverso la lettura del Blog a La Recherche.
Giovanni Dino

 marzia alunni - 24/03/2014 22:04:00 [ leggi altri commenti di marzia alunni » ]

Con il suo invito Giovanni Dino ha posto le basi per una riflessione prima di tutto di civiltà. Non si tratta evidentemente di un programma volto a rafforzare il consenso intorno a qualche partito, coalizione, orientamento. C’è una tensione, un’angoscia per il futuro, negato in particolare ai giovani, che non lascia indifferenti. Una prova di questa sostanziale distanza dalle iniziative militanti è nel suo atto di chiara denuncia: Il riconoscimento del carattere, in un certo qual modo, "rischioso" delle sue proposte, ritenute scomode forse non a torto. Sono del parere che, in pari modo, i qualunquisti e gli impegnati non desiderino rispondere con entusiasmo al suo invito. I primi per inerzia e quiescenza, i secondi perchè intenzionati a sostenere i "loro" progetti, secondo le "loro" idee, obbedienti ai "loro" schemi. Nulla di sbagliato,in fin dei conti, però si dovrebbe discutere maggiormente, avere il coraggio di riconoscere i passi falsi, ideologici e non. Il nostro paese è afflitto da un problema sottostimato, la disonestà intellettuale a vari livelli. Non voglio scomodare Giuseppe Tommasi di Lampedusa, ed il suo "cambiamo le cose perchè nulla cambi". Il senso d’impotenza però che avverto nelle istituzioni e nei privati cittadini non può essere sottovalutato. Forse dobbiamo cambiare noi stessi, da custodi della bellezza in portatori di speranza e di coraggio per tutti. Da questo punto di vista il messaggio inclusivo lanciato esprime una continuità nella diversità rispetto ai Nuovi Salmi. E’ giusto tenerne conto. Marzia Alunni

 Rossella Cerniglia - 24/03/2014 20:26:00 [ leggi altri commenti di Rossella Cerniglia » ]

Mi trovo solo parzialmente d’accordo con l’invito, rivolto ai poeti da Giovanni Dino,di manifestare, ove possibile, attraverso la poesia, il disagio profondo che si avverte all’interno della società ai nostri giorni. E’ da dire, intanto, che la registrazione di ciò che si impone all’interno di essa o nel mondo, avviene, nel poeta automaticamente, senza che ci si prefigga alcunché, per il semplice fatto che una tale capacità di sintesi è una delle prerogative della poesia, soprattutto della grande poesia. Essa non persegue e non si prefigura alcun obiettivo:esprime semplicemente se stessa.
Riguardo, poi, al fatto di poter ottenere con tale mezzo (ribadisco: la poesia non è "mezzo" di niente, se non di se stessa) risultati pratici, di poter incidere sulle coscienze refrattarie dei politici, beh, questo, francamente, lo reputo un’utopia degna della "Città del Sole". La figura del poeta è, poi, talmente screditata e posta ai margini non solo della società, ma della stessa cultura,che mi risulta impensabile l’attribuzione ad essa di qualsivoglia funzione orientativa o di incisività sul piano pratico e fattuale.

 fernanda ferraresso - 24/03/2014 16:51:00 [ leggi altri commenti di fernanda ferraresso » ]

Nella bibbia c’è un racconto che pare proprio questa situazione a dimostrazione che ogni tempo ha scritto il medesimo dramma. Davide che sconfigge il gigante Golia è proprio la metafora perfetta della situazione attuale e Davide, che con la fionda e la sua fiducia lo sconfigge sembra voler indicare una via. Tutti sappiamo bene cosa sia necessario per vivere e cosa non lo sia, tutti sappiamo i danni materiali non tanto all’economia quanto alla conduzione della nostra vita senza più rispetto e relazione con la terra e tra noi. Eppure costituiamo INSIEME, non individualmente, un serbatoio di forza e iniziative che sconfiggerebbero il sistema che funziona in base a regole che ha imposto ma non rispetta. Serve costruirsi un nuovo sistema in cui siano chiare le priorità, non di tipo capitalistico ma vitale, che permettano la vita oggi e domani, serve UN SISTEMA DI COOPERAZIONE IN CUI LO SCAMBIO AVVENGA CON UN SISTEMA INTERNO, indifferente ai sistemi bancari e monetari attuali e dia linfa nuova ad una produzione davvero attenta alle risorse e non ci sia il malaffare né l’imbroglio ma si fondi sull’etica e sul rispetto di sé e di OGNI ALTRO oltre che della terra. Ripetere il sistema attuale e i suoi modelli non porta a nulla. Cambiare parametri e obiettivi diventerebbe metodo e darebbe lavoro là dove ora c’è solo inquinamento della vita.
f.f.

 Nicola Romano - 23/03/2014 12:42:00 [ leggi altri commenti di Nicola Romano » ]

Con questa ampia e profonda riflessione, Giovanni Dino si rende grato portavoce del disagio che attualmente viviamo in maniera seria e determinante. Dinanzi a tanta impotenza, vorremmo comunque non subire le vessazioni morali e materiali che ci giungono da più parti, ma onestamente non sappiamo cosa fare, perchè ormai è ben chiaro che il nemico è invisibile, gigantesco e quindi più forte di noi. Avere nelle nostre mani, come auspica Dino, l’arma della poesia è come voler combattere un tornado con una fionda, pur sapendo che ci dobbiamo provare. E allora ben venga questa angosciante disamina di Dino, se non altro per non abbassare mai la nostra attenzione in forma di acquiescenza, con la speranza che un’utopia possa poco a poco materializzarsi in seno alla dimensione della realtà quotidiana!

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